2013-12-15 ~ 6 min read

VIII Alpi Apuane Skyrace


 

Lo ammetto, è parecchio che devo scrivere questo articolo, ma problemi vari mi hanno tenuto lontano dalla corsa e quindi anche da questo blog. Però si parla di un’avventura notevole, per i precedenti e per l’avventura stessa che vale la pena raccontare: l’VIII Alpi Apuane Skyrace, il 14 luglio 2013. Una gara di 23 km sulle Alpi Apuane, con un dislivello positivo di 1465 m, con partenza e arrivo a Fornovolasco (420 m) passando per la cima della Pania della Croce (1859 m).

I precedenti e la preparazione

Prima di raccontare la gara in sè devo però fare un passo indietro. O meglio alle mie condizioni. Ad aprile ho riscoperto la mia cara iperpronazione. I pochi soldi disponibili non mi permettevano di comprare scarpe tecniche e quindi andavo al risparmio con scarpe non adatte. Il risultato? Dolori al ginocchio dopo pochi chilometri. Sono riuscito a fare la “Mesco sotto le stelle” con delle Kalenji da 25 € solo concentrandomi tutta la gara sull’appoggio del piede per compensare il difetto. Ma sull’asfalto è una cosa fattibile, su sentiero assolutamente impossibile. E infatti gli allenamenti si diradavano sempre di più e la skyrace era sempre più in dubbio. Fino al nuovo lavoro e quindi alla possibilità di comprare delle strepitose Salomon S-lab XT-Wings 6. Due allenamenti di test per vedere come funzionano e arriva il giorno della gara.

Il giorno della gara

Il grande giorno mi sveglio prestissimo, raccolgo le mie cose, prendo la macchina e parto per Fornovolasco, ritrovo della gara. La via più semplice? Andare a Lucca in autostrada e poi risalire dall’altro lato delle Alpi Apuane. Ma no! Risparmiamo qualche soldo, usciamo a Carrara, attraversiamo i monti sul Passo del Vestito e a Castelnuovo Garfagnana giriamo per Fornovolasco. Risultato? A Carrara non mi ricordo più come si fa a prendere la strada per il passo, cerco la via perdendo un sacco di tempo e faccio la strada delle Apuane a manetta per non arrivare a gara già iniziata. Finalmente arrivo, giusto 15 minuti prima della partenza. Mi cambio in macchina, vado a prendere il pettorale e faccio un minimo di riscaldamento prima di raggiungere la linea di partenza.

La partenza e le prime salite

Conto alla rovescia e lo speaker da il via alla gara. Il percorso inizia con una bella salita ripida che raggiunge un meraviglioso sentiero nel bosco. La colonna di pazzi sale, spesso camminando, a volte correndo. Mi stupisce la carenza di zaini idrici, in effetti i ristori sono molti, ma a me piace essere più autonomo possibile. Il bosco è meraviglioso e il sentiero persino scorrevole, nonostante le molte salite. Almeno fino al primo ristoro.

Arrivo al primo bicchiere e vedo una cosa che non mi torna: il percorso gira verso una parete di roccia ripida e la gente sale carponi. Ma non era una corsa?? Poco dopo imparo una lezione notevole sulla skyrace e sulla montagna in generale. Il tracciato continua a salire su una stretta via di rocce, con pochissima vegetazione. Più volte si susseguono passaggi a strapiombo dove siamo costretti a saltellare come stambecchi attaccati a corde (e osservati dai volontari del CAI in caso di problemi). Il percorso è difficile, ma molto divertente e il panorama è più che notevole! Tutto intorno scorrono vallate meravigliose e monti alti e ripidi.

Il primo rifugio e la Pania

Arriviamo al primo rifugio dei tre che dobbiamo incontrare. La Pania della Croce si staglia sopra di noi. Sembra incredibile che su quella parete verticale corra un sentiero. E il dubbio si trasforma in certezza quando proseguendo vedo dei puntini colorati salire verso la cima. Attacco la parete su una striscia di roccia che chiamarla single track è dire troppo. In pratica una lingua leggermente pianeggiante quasi invisibile, ricavata in un ammasso di rocce che ricorda tanto una frana. Correre non è difficile, è impossibile. Ogni tornante siamo ad appoggiarci sulle mani per cercare di salire. Ogni roccia è una scalata. Arrivo alla cima dopo 2 ore e mezza dalla partenza di Fornovolasco. Non capisco neanche le emozioni che mi assalgono. Voglio piangere e ridere insieme. Sono a quota 1859 m, più alto di quanto sia mai stato correndo. La croce della vetta è a due passi da me e tutt’intorno ci sono le vette delle Apuane. Da una parte si vedono gli Appennini, dall’altra il mare. Giuro, ho cercato più volte di spiegarlo a parole a chi raccontavo quella storia, ma quello che ho provato sulla cima non riesco mai a descriverlo appieno. La bocca è spalancata in quei pochi secondi che mi fermo, ma rischio la slogatura della mascella quando vengo a sapere che il primo è già arrivato…

La discesa e i crampi

La discesa è su una pietraia più che tecnica. Bisogna stare attenti a ogni passo, e i calcioni alle pietre non si sprecano. Incontriamo molte persone che stanno salendo per una passeggiata, e credo che le nostre facce fossero più che eloquenti. Balzando da una roccia all’altra arriviamo al secondo rifugio e di qui iniziano le prime piante e poi il bosco. E nel bosco sento i primi veri problemi. Le gambe iniziano a farmi male, iniziano a contrarsi senza preavviso e mi rendo conto che, nonostante i ristori autonomi e non, inizio ad essere preso dai crampi ad entrambe le gambe. I crampi aumentano fino al punto di non potermi più fermare. In pratica se io per un passo falso o un punto difficile rallento o, peggio, mi fermo rischio di rimanere bloccato con i muscoli completamente contratti lì dove sono.

Gli ultimi sforzi e l’arrivo

In qualche modo riesco a proseguire. Pian pianino riesco a sciogliermi un pochino e a continuare. Un’ultima salita ci dà il colpo di grazia. Ormai è parecchio che corriamo e il caldo fa il resto, tanto che recuperiamo un signore che sta svenendo. Arriviamo alla strada asfaltata sfiancati e di lì a Fornovolasco è tutta discesa. Taglio il traguardo dopo 4 ore e 38 minuti, inginocchiandomi in preda alla fatica e all’emozione e rischio di non rialzarmi più. Sono arrivato. Ce l’ho fatta. Arrivo 118esimo assoluto, praticamente ad un ritmo medio di 11:58 al km. Una gara meravigliosa in un posto mozzafiato. Un’organizzazione quasi ineccepibile. L’unico rimprovero sarebbe per l’ultima salita, senza ristori, ma soprattutto nella completa assenza di assistenti. Sicuramente da consigliare e da rifare!


Biopic di Sirio Negri

Ciao, mi chiamo Sirio Negri, sono uno sviluppatore web, un tecnomane, un papà e uno di quei pazzi che corrono per boschi e monti macinando km per il puro gusto di farlo e di conoscere nuovi posti e paesaggi.