[caption id="" align=“alignleft” width=“500”] Alexis Martín via Compfight[/caption]
C’è una domanda che penso molti si facciano quando vedono me o altri trailer passare: “Ma chi glielo fa fare? Perchè fare una cosa del genere?”. Vengo da un passato di asfalto. Ammiravo tanto quelle persone, ma facevo fatica a capirli. Ma ora posso dire di capirli appieno. In realtà basterebbe pensare al fatto che, a differenza di quando correvo su giri prestabilite, non ho mai più messo un auricolare. Ma c’è di più. Il trail running vuol dire correre completamente immersi nella natura, vuol dire correre con tutti i sensi. Vuol dire una completa comunione con la natura. Vuol dire correre con il solo suono dei propri passi e del proprio fiato, mescolati come in simbiosi con i suoni che sono intorno.
Anche la fatica ha un suo significato. Un conto è se l’arrivo te lo guadagni, un conto è se te lo conquisti. E il trail running è continua conquista. Spesso è più importante arrivare in fondo che fare il tempo. E se ci riesci hai già vinto. Hai vinto la vetta. Hai vinto quel panorama. Hai vinto quel bosco meraviglioso. Hai vinto ogni singola emozione e esperienza di ogni singolo millimetro che hai percorso. Quando arrivi in cima a un monte al sorgere del sole non sei solo felice. Ti senti rinato. Ti senti sul tetto del mondovisione. E la fatica fatta non c’è più, sparisce. Il trail running è fatica, dolore e anche sofferenza, ma è anche libertà, leggerezza e completa simbiosi con la natura. Per questo io corro sui monti. Per questo io faccio trail.